Discreto e continuo, in matematica, fisica e filosofia, sono termini che assumono diversi significati e concetti a seconda del periodo storico e del contesto.
Volendo riassumere in una definizione generale, anche se molto informale e imprecisa, è la seguente: un oggetto è considerato discreto se è costituito da elementi isolati, cioè non contigui tra loro, mentre è considerato continuo se contiene infiniti elementi e se tra questi elementi non vi sono spazi vuoti. Per affinare le definizioni, determinare le proprietà comuni e le differenze è necessario fissare il contesto di riferimento.
Teoria della misura e probabilità
In matematica, in particolare in teoria della misura, una misura sulla retta reale è detta misura discreta (rispetto alla misura di Lebesgue) se il suo supporto è al più un insieme numerabile (ad esempio è un insieme finito o è l'insieme dei numeri naturali). Se e sono misure sulla stessa sigma-algebra, la misura si dice assolutamente continua rispetto a se per ogni insieme per il quale . In particolare una misura sui sottoinsiemi di Borel della retta reale è detta misura continua (o meglio misura assolutamente continua) se è assolutamente continua rispetto alla misura di Lebesgue. Il supporto di una misura continua è un insieme che ha cardinalità più che numerabile, cioè pari a quella dei numeri reali (la cui cardinalità è detta appunto cardinalità del continuo).
In questo ambito c'è una distinzione netta tra discreto e continuo, ma non c'è una dualità esclusiva, infatti esistono misure sulla retta reale che hanno supporto più che numerabile ma che non sono continue. Tali misure sono dette misure singolari. Inoltre combinazioni convesse di misure di tipo diverso danno misure che sono dette misure miste.
In probabilità il discorso si traduce immediatamente ricordando che ad ogni variabile aleatoria corrisponde una misura di probabilità sulla retta reale (quella indotta dalla variabile aleatoria a partire dalla misura sullo spazio di probabilità). Quindi una variabile aleatoria è detta discreta, continua o singolare se lo è la misura associata. Un esempio di variabile aleatoria singolare in probabilità è quella associata alla distribuzione di Cantor.
Topologia
In matematica, in particolare in topologia, i due termini sono difficilmente paragonabili in quanto si riferiscono spesso a oggetti diversi. Il termine discreto ha diversi significati:
- uno spazio topologico è discreto se ha la topologia discreta;
- uno spazio uniforme è discreto se ha uniformità discreta;
- uno spazio metrico è discreto se ha la metrica discreta.
- un sottoinsieme di uno spazio topologico è discreto se è costituito da punti isolati (e questo è l'uso, in questo contesto, che più si avvicina alla definizione intuitiva data nell'introduzione).
In realtà questi significati risalgono allo stesso concetto di base: la topologia discreta, secondo la quale ogni punto è aperto (la topologia "vede" i singoli punti).
- In ogni spazio metrico, la metrica induce una topologia; la metrica discreta induce la topologia discreta.
- Ogni sottoinsieme di uno spazio topologico eredita una topologia dallo spazio; i sottoinsiemi sono discreti quando la topologia che ereditano è discreta.
Il termine continuo, invece, assume significato soprattutto in relazione alle funzioni continue, cioè si riferisce a funzioni tra spazi topologici e non agli spazi topologici stessi. Tuttavia un continuo in topologia è un generico spazio di Hausdorff compatto e connesso. Ma questo uso ha poco a che fare con l'idea intuitiva di continuo data nell'introduzione. Il termine (forse) più appropriato, in questo contesto, da mettere in "contrapposizione" a insieme discreto è insieme denso: un sottoinsieme A di uno spazio topologico X è denso se ogni punto di x appartiene ad A o è punto di accumulazione per A (quindi se la chiusura di X è A).
Un esempio di insieme denso in uno spazio topologico è l'insieme dei numeri razionali nello spazio topologico dei numeri reali, dotato della topologia euclidea. Esso ha cardinalità numerabile ma non è discreto, perché ogni intorno di un numero razionale contiene infiniti numeri razionali; è denso, perché ogni intorno di un numero irrazionale contiene infiniti numeri razionali.
D'altra parte, non può essere considerato continuo (nel senso intuitivo dell'introduzione) poiché ha al suo interno un'infinità non numerabile di "buchi", dovuta alla mancanza dei numeri irrazionali.
Filosofia
La relazione tra discreto e continuo è una delle problematiche più antiche del pensiero umano, già presente negli scritti di Aristotele e Zenone di Elea.
Cominciò con i Pitagorici il modello del pensiero binario o logocentrico, fondato su due opposti:
- il "finito", positivo e rassicurante perché imposta ordine;
- l'"infinito", negativo perché impone disordine e smarrimento.
Partendo dall'opposizione finito (misurabile) - infinito (incommensurabile), secondo i Pitagorici si comprende l'intero universo. L'opposizione non esclude però una composizione armonica dei due concetti: poiché tutte le cose sono numero, la loro diversità si risolve in un rapporto, che costituisce armonia.
I Pitagorici avevano notato che tutte le cose sono caratterizzate dalla misurabilità: a questo scopo, usavano delle pietre per le raffigurazioni visive, e proprio per questo non conoscevano lo zero.
Nel complesso universo dei numeri, ciascuno dei quali rappresenta una certa quantità, vi sono i λόγοι, cioè i rapporti: rintracciare una ἀναλογία, cioè una proporzione, una uguaglianza di rapporti, è un'operazione possibile per i Pitagorici in quanto i numeri costituiscono una gerarchia di valori (non tutti i numeri si equivalgono come importanza). Infatti, la τετρακτύς (tetraktys, il triangolo quaternario) era considerata una figura sacra, sulla quale addirittura gli allievi della scuola Pitagorica pronunziavano il giuramento più impegnativo.
La τετρακτύς era la rappresentazione grafica del numero 10, ritenuto numero perfetto perché risultante dalla somma dei primi quattro numeri.
Ma il contributo più importante della Scuola Pitagorica fu l'intuizione del Discreto e del Continuo, perché fin dall'antichità più remota, vale quanto affermato da Aristotele, secondo cui "ciò che non ha limite non è rappresentabile esaurientemente nel nostro pensiero, ed è perciò inconoscibile". L'infinito era dunque considerato un limite del pensiero e non un pensiero del limite.
L'archetipo stesso di infinito lo fornirono i numeri irrazionali, come ad es. : mediante una dimostrazione per assurdo, è possibile trovare approssimazioni razionali della radice di 2, senza però mai arrivare ad una soluzione definitiva.
La nozione di approssimazione, di indefinito avvicinamento ad una meta che non si può mai raggiungere, divenne centrale nella matematica classica, e per quasi 2500 anni, la concezione di infinito è stata oggetto di studi e polemiche ed evoluzioni. Ma la realtà è un insieme infinito, un'onda ininterrotta, o piuttosto un sistema finito, cioè numerabile e commensurabile?
Se la realtà delle cose fosse davvero continua, infinita, la nostra conoscenza sarebbe sempre più vincolata dai limiti dei nostri sensi.
Se invece fosse discreta, finita, la nostra conoscenza sarebbe sempre più vincolata dai limiti della nostra ragione.
Fisica
In fisica, un corpo materiale può essere studiato come un corpo discreto, in quanto costituito da particelle elementari distinte le une dalle altre, oppure come un corpo continuo, in quanto il numero elevatissimo, la coesione e l'interdipendenza tra queste particelle fanno sparire qualsiasi granularità, almeno a livello macroscopico.
La realtà non è un sistema continuo: la struttura molecolare, dal punto di vista matematico, deve rappresentarsi come un sistema finito, le cui molecole sono enumerabili, occupano una certa regione di spazio, hanno una certa densità di massa, un campo di temperatura e accelerazione, tutte grandezze definite, dunque discrete.
Anche un sistema fisico come il campo elettromagnetico, che apparentemente è un sistema continuo, in realtà è un sistema discreto di fotoni, calcolabile conoscendo il loro numero medio per ogni stato fisico.
Si potrebbe dire che l'unico sistema davvero continuo sia quello spazio-tempo, eppure Albert Einstein ha dimostrato, nella sua teoria della Relatività Generale, che i concetti di spazio e di tempo non sono assoluti ma relativi, nel senso che dipendono dal sistema di riferimento in cui si trova l'osservatore, e costituiscono il continuum spazio-temporale con quattro dimensioni (tre dimensioni spaziali ed una temporale).
Inoltre, anche questo sistema può essere guardato con la lente d'ingrandimento ed analizzato con la scala di Planck, che esamina le distanze spazio-temporali in termini di stringhe piccolissime e monodimensionali, che rappresentano la "granularità" dello spazio-tempo.
Lo stesso modello continuo della meccanica è stato messo in discussione.
La meccanica si serve inizialmente di un costrutto mentale, il cosiddetto punto materiale, che schematizza il comportamento di corpi semplici, identificati dalla loro massa e da una terna di coordinate di posizione.
In particolare, la meccanica dei fluidi si occupa di sistemi continui rappresentati da sostanze liquide e gassose: le leggi che regolano il comportamento dei fluidi a riposo sono abbastanza semplici (legge di Pascal), mentre per i fluidi in movimento ci sono leggi molto più complesse: per Eulero e Newton, si potevano scrivere leggi ed equazioni solo per i fluidi ideali, il cui modello non tiene conto della eventuale viscosità.
Questo modello continuo fu messo in crisi quando si scoprì che il comportamento di un gas reso incandescente è caratterizzato da uno spettro di emissione formato da un insieme discreto di numerosissime frequenze.
La discretizzazione
La matematica classica, in particolare l'analisi matematica, sarebbe applicabile al mondo reale solo se questo fosse costituito da oggetti ed eventi di carattere continuo: al contrario, la stragrande maggioranza dei fenomeni del mondo reale è caratterizzata dalla discretizzazione o digitalizzazione (dall'inglese digit = cifra) di oggetti, collezioni, fenomeni, i quali spesso agiscono in combinazione.
Una linea tracciata con la matita è un sistema continuo. Le estrazioni del lotto, numero dopo numero, sono un sistema discreto (discontinuo).
Lo studio di una funzione continua come una retta o una parabola non è possibile per un sistema discreto come quello informatico: la sua natura digitale e analitica costringe a ridurre la retta ad un insieme di punti, ottenendo risultati migliori quanti più sono i punti.
Il metodo della matematica discreta
La matematica discreta si occupa di classificare, enumerare e combinare oggetti distinti.
Il metodo usato si articola in tre fasi:
- classificazione : individuare le caratteristiche comuni di entità diverse (teoria degli insiemi);
- enumerazione : assegnare a ciascuno degli oggetti di un certo modello di calcolo un numero naturale univoco, al fine di consentirne l'indicizzazione (, calcolo combinatorio);
- combinazione : studiare insiemi finiti per permutarne e combinarne gli elementi (matrici, grafi).
Il filo conduttore di questi tre aspetti è la costruzione di un algoritmo: attraverso la matematica del discontinuo si affrontano situazioni pratiche, ed i relativi problemi si risolvono con modelli discreti.
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